DAO è la Cooperativa di riferimento per il Trentino-Alto Adige e parte di Veneto e Lombardia (province di Verona, Belluno, Brescia, Bergamo e Vicenza). È a sua volta associata a CIA – Commercianti Indipendenti Associati.
Gestisce più di 100 punti vendita nella provincia di Trento, di cui nove solo nel capoluogo trentino.
Qual è la tua storia con Conad?
Il mio percorso in Conad è iniziato nel 2022, quando ho deciso di prendere in gestione un punto vendita importante a Trento, nel quartiere Le Albere. All’inizio è stata una vera sfida, ma con il tempo e con il supporto della Cooperativa, sono riuscito a costruire qualcosa di cui oggi vado fiero.
Ma la mia storia nel commercio parte da molto prima. Mio padre gestiva già un piccolo punto vendita, in un contesto molto diverso, più di prossimità. E da lì, passo dopo passo, siamo cresciuti all’interno di DAO, fino all’ingresso in Conad. Posso dire che è da quel momento che tutto è cambiato: si è cominciato a costruire un vero Sistema, in un gruppo con una visione diversa.
E quel valore si vede. Oggi seguo tre punti vendita. Ho delegato la gestione a dei responsabili, ma continuo a passare personalmente ogni giorno in ciascuno: per me è importante esserci, avere il contatto diretto, capire come vanno le cose. Se non lo faccio, mi sembra che manchi qualcosa.
Che rapporto hai con l’insegna?
Conad non è solo una sigla sopra l’ingresso. È un Sistema valoriale, un modo di lavorare. Il passaggio al mondo Conad, attraverso l’evoluzione della nostra Cooperativa DAO, ha rappresentato molto di più di un cambiamento di marchio: ci ha fatto entrare in un gruppo con una visione chiara, strumenti condivisi, un’identità comune. Il rapporto con l’insegna si costruisce ogni giorno. Nel modo in cui affrontiamo le sfide, nel modo in cui formiamo le persone, nel modo in cui ci presentiamo ai clienti. Se oggi sono soddisfatto di quello che ho fatto, lo devo al lavoro quotidiano, ma soprattutto alle persone che ho incontrato e con cui ho condiviso il percorso.
Che rapporto hai con il territorio?
Un legame profondo, che parte da valori familiari. Ai miei figli insegno che, se serve qualcosa, prima si cerca nel paese. Se non la trovi, allora vai fuori. Ma solo se non c’è alternativa. Questa logica cerco di applicarla anche nella mia attività: quando possiamo, scegliamo prodotti del territorio. È una scelta che ha un valore economico, certo, ma soprattutto identitario. DAO stessa lavora molto con i produttori locali. È la Cooperativa che fa i contratti e ci propone gli articoli: in questo modo si garantisce coerenza tra tutti i soci. Se vai in un Conad a Trento, trovi le mele del Trentino. Se vai in Alto Adige, trovi quelle dell’Alto Adige. Questo per me è importantissimo, perché crea un filo conduttore vero tra i diversi punti vendita.
Come si costruisce la fedeltà dei clienti?
La vera forza, per me, sono i collaboratori. Ho sempre cercato persone vere, motivate, con cui costruire un percorso. E oggi lavorano con me oltre 100 persone. Questo è un buon 50% di quello che serve per costruire un rapporto di fiducia. L’altro 50% lo fanno i prodotti, perché oggi più o meno tutti vendiamo gli stessi articoli, con gli stessi prezzi. Ma se un cliente torna, è perché ha trovato un motivo in più. Nei miei punti vendita questo “motivo” è il rapporto umano. Pretendo molto da chi lavora con me: insisto su cose semplici, ma importanti. Un buongiorno detto bene, un grazie sentito alla cassa, una mano per aprire una borsa. A volte sembra difficile farlo capire, soprattutto ai più giovani. Ma sono convinto che quei gesti facciano davvero la differenza.
E poi serve anche capire cosa vuole davvero il cliente. A Trento, ad esempio, abbiamo rivisto tante idee iniziali. Pensavamo a una certa organizzazione nei reparti, poi ci siamo accorti che lì la gente cerca altre cose: un bar dove stare, un pranzo veloce, tavolini dove sedersi. Abbiamo ascoltato, ci siamo adattati, e oggi raccogliamo i frutti di quel lavoro. È anche una delle ragioni per cui voglio un giorno lasciare l’attività a mio figlio: perché è vero che fuori c’è scritto Conad, e questo assicura la qualità, ma è la continuità di relazione con i clienti e il territorio che fa la differenza.
Che ruolo ha la sostenibilità nel vostro modo di gestire l’attività?
È un tema ormai centrale. Abbiamo installato pannelli solari, adottato borse biodegradabili, riduciamo gli sprechi donando ciò che avanza ad alcune associazioni. Abbiamo anche una macchina per il riciclo della plastica che restituisce buoni ai clienti. Ma se devo dirti la mia, come Lorenzo, credo che la sostenibilità da sola non basti a fidelizzare il cliente. È un valore aggiunto, certo, ed è giusto investirci. Ma ciò che ti fa restare impresso è come ti trattano le persone, che rapporto riesci a costruire. Per me, la sostenibilità è anche sociale ed economica. Significa prendersi cura della comunità, ma anche tenere in equilibrio un’azienda con decine di dipendenti. Fare impresa oggi vuol dire anche questo: trovare ogni giorno il punto giusto tra attenzione agli altri e responsabilità d’impresa. E noi, nel nostro piccolo, ci proviamo.
Ogni giorno.